Il caso Hamsun

di Lorenzo Natural

hamsunLa scarsa fortuna di Knut Hamsun in Italia rappresenta un interessante caso letterario di mancata diffusione di un autore spesso dimenticato, ma considerato vitale nel panorama europeo del romanzo tra fine Ottocento e inizio Novecento. Ciò che colpisce non è soltanto l’interesse minimo che Hamsun ha suscitato e suscita tra il pubblico medio, quanto la poca attenzione che gli è stata prestata da parte del mondo accademico e della critica, eccezion fatta per pochi studiosi1.

Si potrebbero individuare tre aspetti significativi di questo disinteresse: uno editoriale, uno politico, infine uno tematico; tre piani che devono essere considerati sovrapposti per capire le dinamiche del caso-Hamsun in Italia.

Knut Pedersen Hamusn, nato nel 1859 a Vågå, piccolo centro della Norvegia centromeridionale, ebbe una brillante carriera di giornalista, saggista e, soprattutto, romanziere. Salì alla ribalta con le opere Sult (Fame), Mysterier (Misteri), Pan, Sværmere (Sognatori), per poi raggiungere l’apice con Markens Grøde (Il risveglio della terra), grazie al quale venne insignito del Nobel, nel 1920.

Successivamente pubblicò molti altri racconti e romanzi, tra i quali si segnalano Landstrykere (Vagabondi) e Ringen sluttet (Il cerchio si chiude). Dopo il 1936, Hamsun non pubblicò altro, fatta eccezione per På giengrodde stier, scritto a novant’anni e considerato il suo testamento spirituale in seguito agli avvenimenti che lo interessarono durante la seconda guerra mondiale e negli anni subito successivi.

Entra qui in gioco il primo aspetto d’anlisi, quello politico.

Hamsun, durante il secondo conflitto, appoggiò il governo Quisling, collaborazionista della Germania nazista. Alla morte di Hitler, Hamusn gli dedicò pure un necrologio dai toni quasi apologetici2. In seguito, subì un processo per collaborazionismo, la damnatio memoriae da parte dei suoi concittadini e la dichiarazione di infermità mentale, grazie alla quale venne archiviato il suo processo per tradimento3. Potrebbe essere questa la motivazione di una presa di posizione insieme culturale e politica da parte della classe intellettuale italiana di rifiuto del pensiero e dell’opera del romanziere norvegese? A vedere il numero di edizioni delle sue opere nel dopoguerra, la risposta sembra essere negativa: tra il 1945 e il 1969, uscirono ventiquattro edizioni tra raccolte, ristampe e pubblicazioni di testi inediti4; esattamente alla media di una all’anno, non poco per un autore da censurare a ogni costo.

Grazie a una rapida occhiata alla bibliografia italiana di Hamsun possiamo farci un’idea generale del suo interesse nel nostro Paese.

Detto del ventennio postbellico e tralasciando la pur copiosa produzione precedente, negli anni ’70 vennero pubblicate solamente quattro edizioni; a cavallo tra anni ’80 e ’90 vi fu una ripresa di interesse, con venti edizioni. Dal 2000 ad oggi, tuttavia, solamente la Adelphi ha riedito due dei maggiori capolavori di Hamsun – Fame e Pan –, mentre Iperborea ha pubblicato nel 2005 il romanzo breve Un vagabondo suona in sordina.

Anche qui la domanda è d’obbligo: è la confusa situazione editoriale italiana delle sue opere ad aver impedito una tradizione consolidata e continua? Di certo ciò non l’ha favorita. Tralasciando i grandi romanzi Fame e Pan, grazie ai quali Hamsun non è finito definitivamente nel dimenticatoio, di molti altri abbiamo a disposizione solamente edizioni datate, superate nella traduzione (alcune passate attraverso testi già tradotti in tedesco), fuori catalogo e di difficile reperibilità e dai titoli spesso contrastanti. Un esempio lampante è rappresentato da Markens Grøde, l’opera con cui Hamsun vinse il Nobel: l’ultima edizione singola, pubblicata con il titolo “I frutti della terra”, risale addirittura al 1966. Nel 1979 è uscito un volume della Utet che inserisce anche Markens Grøde tra i testi scelti di Hamsun, traducendolo “Il risveglio della terra”. Parimenti, På giengrodde stier, si trova edito dalla Ciarrapico come “Io, traditore” (trasposizione altamente capziosa e non aderente al titolo originale), mentre nel 1995 dalla Fazi come “Per i sentieri dove cresce l’erba”. In questa selva, che rende oscura buona parte della creazione hamsuniana, è facile perdersi. Tuttavia, se si guarda lo sviluppo diacronico attraverso il numero di edizioni, ci si accorge che solo negli ultimi tredici anni e, ancor di più nell’ultimo decennio, si è assistito a un silenzio editoriale pressoché totale.

Lars Frode Larsen, saggista e ricercatore norvegese, nonché curatore di un’opera omnia dei lavori di Hamsun, scrive: «Quello che era rivoluzionario in libri come Fame e Misteri era prima di tutto il loro contributo ad una nuova comprensione della natura umana. Per la prima volta l’Uomo moderno, alienato ed angosciato apparve in letteratura. Penetrando nei meandri della psiche, Hamsun, anticipando Freud e Jung5, mise le basi per un ampliamento della nostra conoscenza. Nel dominio della letteratura giunse l’ambivalente ed il composito, elementi a volte incoerenti nello schema delle reazioni umane. E la prosa descrittiva usata era così piena di talento e sicura nello stile che, anch’essa, divenne un modello da imitare». E prosegue: «Nel 1929, Thomas Mann affermò che il Premio Nobel per la letteratura mai era stato assegnato a qualcuno che lo meritasse di più. E scrittori come Franz Kafka, Berthold Brecht e Henry Miller hanno tutti espresso la loro ammirazione per Hamsun. Nella prefazione ad una edizione americana di Fame, Isaac Bashevis Singer afferma che Hamsun “è il padre della scuola moderna di letteratura in ogni aspetto: nella sua soggettività, nell’impressionismo, nell’uso della retrospettiva, nel liricismo. Tutta la letteratura moderna del vendesimo secolo deriva da Hamsun”»6.

Qual è, allora, la motivazione principale – e se c’è – che ha portato il pubblico e l’editoria italiana a dimenticare quasi del tutto un autore di questo respiro e di questa portata?

La risposta va cercata nell’ultimo livello di analisi che ci siamo posti all’inizio: quello tematico.

Sembra paradossale che un romanziere di tale calibro possa cadere nel dimenticatoio, ma leggendo i racconti di vagabondi, avvicinandosi alla lenta ciclicità quasi idilliaca del Risveglio della terra, scontrandosi con l’irrazionalità dei gesti del tenente Glahn di Pan non resta che constatare la lontananza siderale che si è venuta a creare, nell’era turboconsumista, tra il mercato del libro “mordi e fuggi” e l’anima nordica di Hamsun «solitaria, chiusa, schiva, anche diffidente, eppure tesa con ardente speranza al contatto con gli altri, nostalgica con struggente trasporto di un mondo più libero e solare, di rapporti più aperti, eppure capace di cedere ad un confidente abbandono, ad un abbraccio, solo con la natura»7.

Leggere Hamsun, oggi, significa immergersi in un mondo primitivo dove l’Uomo vive panteisticamente con la Natura ma non la subisce, dove la razionalità è sacrificata alla vitalità, dove i silenzi si impongono sul brusio e dove la narrazione e i rapporti interpersonali spesso non hanno alcun fine. È una narrazione, oggi, che richiede sforzo di immedesimazione e di comprensione.

Può servire, quindi, mettere ordine e rendere organica la bibliografia italiana di Hamsun? Certamente. Ma, come sempre, è il lettore a dettare all’editore il percorso da intraprendere. E Hamsun è stato dimenticato dal lettore perché non fa più parte del suo mondo, come romanziere e come uomo.

NOTE

1 Si ricordano alcune prefazioni del germanista triestino Claudio Magris (ad esempio all’edizione di Misteri della Rizzoli del 1989).

2 Il necrologio venne originariamente pubblicato sul numero del 7 maggio 1945 dell’ «Aftenposten».

3 Pare che Hamsun abbia voluto scrivere På giengrodde stier anche per dimostrare di non essere affatto pazzo.

4 La bibliografia italiana di Hamsun più completa è consultabile all’indirizzo www.centrostudilaruna.it/knut-hamsun-bibliografia-italiana.html

5 Nella Cura Herman Hesse fa affermare al protagonista di aver «basato su Nietzsche e Hamsun» la sua teoria sui nevropatici (Hesse, H., La cura, Adelphi, Milano, 2012, p.32).

6 www.girodivite.it/antenati/xx1sec/hamsun/hamsun90_lars_frode_larsen.htm

7 Marzi, C., Introduzione, in Hamsun, K., Pan e altri racconti, Sansoni, Firenze, 1966, p. III.

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