Il Nome della Rosa, detective story in tonsura

di Livio Cerneca

Quando uno scrittore greco cipriota accusò Umberto Eco di plagio per alcuni passaggi del romanzo Il Nome della Rosa, il semiologo spiegò che era molto probabile che ci fossero delle somiglianze, perché il suo best seller aveva la caratteristica di essere una raccolta di suggestioni classiche e cliché sull’ambiente monastico medievale. Il testo, in effetti, veniva usato anche da docenti di Storia e Filologia per far esercitare gli studenti a individuare fonti e riferimenti utilizzati da Eco nella stesura del libro.

Il Nome Della Rosa, secondo il suo autore, aveva ottenuto quello straordinario successo solo perché era stato pubblicato nel momento giusto. Ma a trentasei anni di distanza dalla prima edizione, la detective-story in tonsura suscita ancora entusiasmo e curiosità, oggi anche nella trasposizione teatrale scritta da Stefano Massini e diretta da Leo Muscato.

Alla prima rappresentazione al Politeama Rossetti di Trieste le aspettative non vengono tradite. Lo spirito e l’atmosfera del romanzo restano integri sul palcoscenico che ospita una scenografia di scale che si inerpicano nelle torri del monastero dove alcuni efferati delitti impegnano in una complessa indagine l’ex inquisitore Guglielmo da Baskerville e il suo allievo, il novizio Adso da Melk, voce narrante della storia.

Anche chi non ha letto il romanzo ma ha solo visto il film ritrova qui tutti i personaggi, perché gli interpreti riescono a mediare e fondere splendidamente la loro messinscena con quella degli attori che avevano lavorato nella pellicola diretta da Jean-Jacques Annaud nel 1986.

Eppure l’autore della versione cui stiamo assistendo non ha manie di grandezza. Rinuncia a costruire un kolossal da sipario, come ci si sarebbe potuti aspettare, e rispetta invece lo spazio teatrale, le sue luci, i suoi tempi.

E nel caso qualcuno non abbia mai frequentato questo thriller medievale nelle versioni letteraria o cinematografica, in ogni caso assisterà ad uno spettacolo originale dai dialoghi serrati in cui l’ironia e la flemma di Sherlock Holmes – il nome del protagonista è infatti ispirato al romanzo di Conan Doyle Il Mastino dei Baskerville – fendono la cupa austerità dell’abbazia nella cui biblioteca sono custoditi volumi rarissimi e fatali.

Il Nome della Rosa è al Politeama Rossetti di Trieste dal 6 al 10 dicembre 2017.

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