Morire per delle idee

di Piero Rosso

Durante la presentazione del numero di Charta Sporca “Economie della perdita”, la discussione si spostò, dopo molte digressioni, sulla figura del martire. C’era chi lodava i gesti di sacrificio, chi li riteneva inutili: ci si presentava, così, senza sforzo, il tema di questo nuovo numero.

Non spenderò qui molte parole a spiegare perché il martirio partecipa alla logica della perdita, poiché qui si vuole raccontare qualcos’altro, nel nome del criterio eclettico che ci contraddistingue e che garantisce ad ognuno dei nostri autori la libertà di interpretare i temi a piacimento. Ci accontentiamo di lasciare al lettore una serie di spunti da cui partire, e mai un arrivo.
Affrontiamo la questione del martire in nome di un appello eretico, poiché, in passato, figure eroiche pronte al sacrificio si opponevano all’ortodossia, e poiché la celebrazione di quel sacrificio è ancora presente ai giorni nostri. Qui dichiariamo che ogni eroe è terrificante: se anche l’eresia chiede un tributo di sangue, riproduce il sistema mitologico del potere e sostituisce le proprie lapidi a quelle ufficiali, allora criticare il martirio significa riscrivere l’eresia, la rivoluzione, ogni trasformazione, come qualcosa di essenzialmente debole. Se mi è permesso parafrasare Daniele Giglioli (Critica della vittima, Nottetempo), la pericolosità del sacrificio si ripresenta a ogni genesi e atto di fondazione: che gli eroi coincidano con le vittime, e non salvino più nessuno.
Ecco perché Zeper ricorda, grazie a una puntuale digressione storica, il valore collettivo dell’atto sacrificale; Plesnizer parte da un’interpretazione di Volonté, questa volta nei panni di Giordano Bruno, per interrogarsi sull’attualità di quel sacrificio; Carchidi ritorna a Kirillov, personaggio de I demoni di Dostoevskij, che ci permette di dissociare morte e follia; Pittioni affronta l’eccedenza di senso che abita i morti di stato; Tieri assume una prospettiva sistemica per denunciare il sacrificio del nostro pianeta; Muni, infine, propone la sua traduzione di Mourir pour de idées di Brassens, già resa celebre nella versione di Fabrizio De Andrè – che egli afferma di non aver mai ascoltato. Noi questa volta gli crediamo, per sfregiare davvero tutti i miti, anche quelli buoni:

Ma voi, gli incendiari
voi, i bravi apostoli
perché non morite voi per primi, vi cediamo il passo…

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