“Basta Pasolini”: l’editoriale

L’articolo che segue è l’editoriale del numero 35 di Charta Sporca, che potete trovare qui.

A seconda del tono di voce che la pronuncia, una bestemmia può assumere i più diversi significati e accompagnare stati d’animo diametralmente opposti. È il sintagma che viene dietro alla constatazione di una disfatta, alla pozzanghera che guasta la scarpa nuova nuova, ma è anche l’esultanza incontenibile del tifoso, il grido che spezza il fiato allo stadio, il gol all’ultimo. Qualcosa di simile accade con il titolo di questo numero, il cui significato varia al variare del tono con cui lo facciamo risuonare. “Basta Pasolini” può certo suggerire l’idea che sarebbe sufficiente rileggere sul serio l’opera di Pasolini, rilanciare le categorie critiche di cui il suo pensiero ci ha fatto dono, per poter comprendere qualcosina del guazzabuglio che è la nostra attualità; ma può significare anche l’inverso, come un borgataro che dicesse: “e basta, Pierpà, nun se ne pò più”, il tuo pensiero ha fatto il suo tempo, e forse non ci ha mai convinti fino in fondo. Non è affatto impossibile che entrambi i toni coesistano in una medesima voce, che oscilla tra amore e odio, come a tentare di star dietro alle contraddizioni che costituiscono forse la cifra più caratteristica di PPP.

Ma ciò che è certo è che sin dal titolo volevamo essere chiari: noi non abbiamo la benché minima voglia di cedere alla facile agiografia ispirata dal centenario. Questa rivista traffica con la scrittura e il pensiero di Pasolini da sempre; “Charta Sporca” è anche il titolo di una sua poesia: ma proprio per questo non possiamo permetterci di fargli sconti e di ricordarlo con il cero in mano, quasi fosse morto per davvero.

Sicché, molti di noi gli hanno parlato direttamente, a cuore aperto, altri hanno investigato le forme della sua memoria. Stefano Tieri intervista lo spirito di Pasolini, evocandolo grazie all’intelligenza artificiale, mentre Francesco Bercic ci avverte di un pericolo, toccato ad altre menti brillanti prima di PPP: la cristallizzazione in una cornice pop istituzionalizzata. Piero Rosso immagina Gennariello, il ragazzino archetipo del sottoproletario, mentre attacca il suo mentore a suon di meme, quando invece Daniele Lettig si eclissa dal testo, facendo parlare un collage di frammenti. La prima parte del numero si conclude con i personaggi di David Watkins che, al bar, esplorano e demistificano tanto l’intellettuale quanto la sua eredità culturale e sociale.

Il secondo filone di contributi si concentra sul Pasolini autore: Alina Tomasella ci accompagna nel suo percorso estetico, da poeta a cineasta, mentre Michela Beltrame focalizza la propria analisi sul Vangelo secondo Matteo. Carlo Selan, dialogando con il poeta Ivan Crico, affronta il tema dell’influenza della poesia dialettale di Pasolini e in particolare il suo rapporto con Biagio Marin.

La terza parte di questo numero l’abbiamo dedicata ai Comizi d’amore 2.0, ovvero alla nostra versione dell’inchiesta pasoliniana. Cos’è l’amore, oggi? Una rivisitazione che passa da un treno ad alta velocità nel racconto di Ruben Salerno alle testimonianze che abbiamo raccolto in spiaggia, intervistando i bagnanti di Barcola all’ora dell’aperitivo.

Chiude il numero Andrea Muni, con una dichiarazione di odio e amore, sincera e quanto mai necessaria a ciò che è stato, è e sarà per noi Pier Paolo Pasolini.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ti potrebbe interessare