“Segni senza compromessi”: la mostra di graphic novel su Pasolini in Sala Xenia fino al 4 febbraio

di Alina Tomasella

Non molto tempo fa ho sentito dire da un amico che l’illustrazione è un’arte popolare.

Mi sono venuti in mente i cortei di santi e profeti che addobbano le chiese da secoli, gli affreschi che narrano le storie di Cristo ai quali si sono potute appellare le folle che del “latinorum” del parroco poco capivano; scene sacre, immagini, che ancora oggi hanno lo stesso valore per il fedele istruito come per l’analfabeta, valicando lingue e confini, educando al medesimo precetto.

Ma al di là della funzione storicamente svolta dall’immagine nell’avvicinare le masse alla cultura, è interessante notare come, proprio in nome della sua natura popolare, per lunghissimo tempo l’illustrazione abbia svolto il ruolo di preziosa stampella della pedagogia, della divulgazione laica e religiosa (e, più tardi, quello di medium preferito dalla pubblicità e dalla propaganda).

Negli ultimi anni però sta crescendo uno spazio underground in cui l’illustrazione si è ritagliata e rivendica una propria autonoma cultura, ragionata e impegnata. Partendo dai romanzi grafici sempre più affrancati dall’arte del fumetto o dall’editoria “per giovani adulti”, fino ad arrivare alla nuova street art fatta di interventi nell’immaginario collettivo con poster, manifesti e visual art diffusa, è come se l’immagine grafica, tolta la veste riduttiva del “disegnetto” per bambini, avesse occupato un margine nuovo di più libera sperimentazione.

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La celebrazione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini ha trovato, nelle sue formule più riuscite, una critica, un dibattito aperto e attivo con il maestro, capaci di portare costruttivamente a galla tutte le sue contraddizioni e venire a patti con la sua fragilissima umanità.

Ma diciamo la verità, il cortocircuito che si è creato in questa ricorrenza, in cui come forse mai prima di oggi un autore è stato fatto a piccoli pezzettini, mangiato, rigurgitato e riconsumato, ha dato vita anche a scenari decisamente più splatter e meno fortunati, non privi di un certo grado di compiacimento da parte dei sedicenti intellettuali che se ne sono occupati.

Cosa dire ancora allora, e come farlo?

A questa chiamata risponde la graphic novel Speciale Pasolini – Segni senza compromessi, a cura di CUT, DDProject e Barta Edizioni, le cui tavole sono esposte in mostra a Trieste in Sala Xenia (Riva Tre Novembre, 9) fino al 4 febbraio 2023.

Una rivista immaginaria, che strizza l’occhio a Linus, e che attraverso il lavoro di Andro Malis, Guglielmo Manenti, Andy Prisney, Cristina Gardumi e Cristina Casini, Stefano Zattera, Marco Corona, Luca Ralli scandaglia i mille volti di PPP e soprattutto gli effetti pop della sua eredità.

E qual è il compito del pop se non distruggere il mito e riassemblarlo per sottolineare le incoerenze del nostro tempo e la sua necessità spasmodica di celebrare i miti stessi fino forse a cambiarne la voce?

Allora anche Che cosa sono le Nuvole o La terra vista dalla luna possono essere trasformati in strisce di Peanuts. O Pasolini può giocare a interrogarsi sulle questioni della vita come i celebri Calvin e Hobbes di Bill Watterson, mentre Comizi d’amore può diventare l’occasione per prendersi gioco dell’intellettuale intervistatore un po’ saccente e un po’ tonto, che incalza con domande desuete uomini e donne finalmente portatori di idee aperte e inclusive.

Ne viene fuori una raccolta di perle tragicomiche, avvincenti non solo sotto il profilo grafico, ma anche della rielaborazione creativa. Piccole rivelazioni che trascendono il divertissement e si definiscono come un’esperienza capace di trattare PPP senza guanti di velluto, espressivamente libera e scevra delle consuetudini un po’ ruffiane di un centenario.

A pensarci bene, forse non è un caso che sia stato proprio un romanzo grafico a sfuggire con successo il già detto (la monumentalizzazione) e il poco interessante (i momenti di erudizione sterile) che hanno sovrappopolato quest’anno dedicato a PPP. Una scelta di stile, quella della graphic novel, che ha permesso agli autori di rappresentare con una gestualità diversa qualcosa di nuovo, un fine rimaneggiamento concettuale dell’opera di Pasolini che trova la propria forza nell’opposizione tra la leggerezza delle immagini e la parola, la sua, sempre scandalosa.

Del resto proprio lo stesso Pasolini, immaginando di girare nuove scenette comiche con Totò e Ninetto, aveva pensato di mettere assieme un albo a fumetti degli storyboard, che dovevano essere “molto colorati e espressionistici….“. Una ricerca mai finita la sua di avvicinarsi al popolare, lui che pop proprio non poteva definirsi, e che oggi, forse suo malgrado, si trova rivisitato in un continuum di prodotti a uso e consumo del contemporaneo.

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