Sogni presi in contropiede: “Infinite Football” di Corneliu Porumboiu

di Francesco Ruzzier

Per Laurențiu Ginghină, burocrate rumeno, il gioco del calcio così come lo conosciamo non riesce ad esprimere completamente il suo potenziale. Potrebbe essere più veloce, più tecnico e più spettacolare. Potrebbe avere un campo da gioco privo di angoli, suddiviso in più zone accessibili a solo alcuni giocatori; le squadre stesse potrebbero essere suddivise in più squadre, ognuna con un ruolo ben preciso, ognuna sempre pronta all’azione. Un calcio senza tempi morti, con continui cambi di fronte ed azioni fulminee, quasi come una partita di tennis.

Il suo non vuole essere quindi un discorso da bar, di quelli nostalgici e disillusi: Laurențiu Ginghină è assolutamente convinto di aver scoperto una nuovissima idea tattica che rivoluzionerà (senza alcun tipo di condizionale possibile) per sempre l’universo calcistico.

Ed è per questo che Corneliu Porumboiu decide di intervenire con il suo Infinite Football, mettendo se stesso e la propria macchina da presa al servizio del suo amico: per ascoltarlo, interrogarlo e provare a catturarne la straripante determinazione. Per restituire allo spettatore il possibile coronamento di un sogno. Fantastica una doppia vita, Laurențiu Ginghină; di giorno annoiato burocrate e di notte pensatore rivoluzionario. Un po’ come Clark Kent e Peter Parker. Ed è a loro, a Superman e all’Uomo Ragno che pensa mentre sviscera le sue teorie, mentre si confessa con inattaccabile convinzione davanti alla macchina da presa e osserva le sue tattiche applicate sul campo di gioco.

Un’utopia, quella filmata da Porumboiu, che però finisce ben presto per scontrarsi con la realtà dei fatti, dove, in effetti, tutte queste idee rivoluzionarie dimostrano di non avere nessuna possibile applicazione; dove il sospetto che tutte quelle ottimistiche supposizioni fossero in realtà una sorta di delirio.

Ma se da una parte, con il passare dei minuti, emerge appunto che di rivoluzionario – nelle idee del protagonista – non c’è assolutamente nulla, dall’altra il regista rumeno continua a filmare il proprio soggetto con estrema oggettività, continuando a prenderlo seriamente, senza mai dare l’impressione di volersi prendere gioco di lui. Ed è infatti proprio lì il senso dell’operazione: non tanto quello di rendere partecipe lo spettatore di queste assurde teorie, quanto la volontà di far emergere l’impossibilità dell’uomo comune di uscire dal proprio status quo; la condanna ad una vita da eterno, annoiato, mediocre. Sembra infatti che, in questo senso, Porumboiu consideri l’aspirazione a fare qualcosa di grande la più grande punizione inflitta all’uomo moderno. Non c’è spazio per i sogni in questa società, non c’è modo di veder realizzate le proprie utopie: è un’esistenza fatta di continui, inevitabili, fallimenti. Non esistono supereroi, nella visione del mondo di Porumboiu; eppure, per fortuna, c’è ancora chi non lo sa.

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