Euro(di)visione: presagi televisivi sul destino dell’Unione Europea

L’Europa oggi non si troverebbe nei guai – o almeno, non in guai tanto seri – se, al posto dell’Inno alla Gioia di Beethoven, come glorificazione musicale del continente unito fosse stato scelto il Preludio al Te Deum di Marc-Antoine Charpentier, la solenne fanfara che da più di mezzo secolo annuncia i programmi trasmessi in Eurovisione.

Formulare predizioni abbastanza accurate sui reali intenti e i possibili esiti di particolari progetti politici, sociali o economici è facile: basta stimare lo sforzo impiegato per promuoverli attraverso la televisione.

Elementi di chiaroveggenza pratica

Oggi, ad esempio, possiamo indovinare quanto grossa sia la posta in gioco col referendum sulle riforme costituzionali semplicemente prendendo atto dei metodi sbrigativi usati per rimuovere giornalisti, direttori di testata e conduttori della RAI considerati poco funzionali, o addirittura pregiudizievoli, per gli scopi che si sono prefissati Renzi e il suo esecutivo; nel recente passato abbiamo assistito a epurazioni analoghe compiute da un uomo che aveva raggiunto la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri proprio grazie alle numerose emittenti televisive che possedeva.

Così, già con molti decenni di anticipo, avremmo potuto accorgerci che l’Europa Unita – intesa come federazione in cui non si favoriscono solo le transazioni finanziarie, ma anche quelle culturali, umane, artistiche e sociali – in effetti non era, e non è mai stata neanche in seguito, tra le priorità dei governi europei di qualunque orientamento politico, e men che meno di quelli italiani. Ben altro impegno sarebbe stato altrimenti dedicato nell’utilizzare con mirata lungimiranza il più potente strumento di persuasione e convincere i telespettatori da Creta alla Lapponia a comunicare tra loro, a conoscersi, ad accettare e apprezzare le rispettive differenze e a considerare che, tutto sommato, essere uniti e solidali rende ancora più vantaggiosa anche una convivenza fondata prevalentemente su ragioni economiche.

L’Unione Europea di Radiodiffusione e l’Eurovisione

C’era una premessa incoraggiante. L’Eurovisione, creata nel 1954, è una diretta emanazione dell’EBU (European Broadcasting Union, Unione Europea di Radiodiffusione – UER, fondata nel 1950), ed è quindi addirittura antecedente all’embrione della Comunità Europea, cioè alla firma del Trattato di Roma avvenuta il 25 marzo 1957. All’EBU attualmente aderiscono un numero di paesi di gran lunga maggiore a quello degli Stati che compongono effettivamente l’Unione Europea, e l’organizzazione estende la propria rete di affiliati e membri anche ad altri continenti.

Anche se non c’è alcun collegamento istituzionale tra l’Unione Europea e l’EBU – che curiosamente ha sede a Ginevra, in quella Svizzera che dell’Unione Europea non fa parte pur avendo sottoscritto gli accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone – le potenzialità di questo organismo sovranazionale nell’agevolare il dialogo tra i cittadini degli Stati membri sono anche troppo ovvie.
Tali potenzialità però raramente vengono espresse, e solo timidamente, per periodi limitati e con fortune alterne.

Capodanno autarchico italiano

Il Concerto di Capodanno dal Musikverein di Vienna va in onda in diretta televisiva dal 1959. All’appuntamento ha partecipato, fino al 2003, anche la RAI, facendo raggiungere al canale Rai 1 share superiori anche al 40 per cento. Successivamente, il servizio televisivo pubblico italiano cancella il collegamento da Vienna e al suo posto piazza un concerto di Capodanno autarchico in diretta dalla Fenice di Venezia. Una mossa che ufficialmente serve a celebrare lo storico teatro veneziano dopo la sua ricostruzione, dovuta a un disastroso incendio che ne aveva divorato le strutture nel 1996.

Tenendo però in considerazione il clima politico di quel periodo (proprio nel 2003 il Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi allibiva con le sue battute il Parlamento Europeo e i media internazionali notavano con insistenza come il miliardario italiano rappresentasse una bizzarra anomalia nella politica continentale), si può sospettare che dietro al cambiamento di palinsesto, che perdura anche oggi, vi fosse la scelta ben precisa di far iniziare agli italiani quel processo di disaffezione ideale e culturale all’Europa al quale stanno tuttora lavorando con impegno tanti giornalisti e parlamentari. Gli ultimi dati (gennaio 2016) relativi allo share di Rai 1 per il Concerto di Capodanno dalla Fenice parlano comunque di un netto calo nel gradimento, con poco più del 25 per cento. Il concerto di Capodanno da Vienna, in Italia è ora trasmesso in diretta solo su Radio 3.

Il festival della canzone europea

L’Eurofestival, più propriamente noto come Eurovision Song Contest, è una manifestazione canora trasmessa in Eurovisione dal 1956.

A fasi intermittenti nei primi anni ottanta, poi dal 1994 al 1996 e infine, con un’assenza durata dodici anni di seguito, dal 1998 al 2010, la RAI, senza fornire troppe spiegazioni, non contribuisce all’organizzazione del festival e lo cancella dalla programmazione, facendo innervosire artisti, case discografiche, l’EBU e un compatto e multicolore esercito di appassionati. L’Eurovision Song Contest cade così nell’oblio in Italia e, benché negli ultimi anni abbia ripreso ad essere trasmesso su Rai 5, Rai 2, Rai 4 e, solo per la serata finale, su Rai 1, il successo che riscuoteva negli anni sessanta e settanta nel nostro Paese non è altro che un confuso ricordo in bianco e nero.

La Brexit ai tempi di Giochi senza Frontiere

La più famosa e amata produzione televisiva europea resta però Giochi Senza Frontiere. In numerose edizioni svoltesi dal 1965 al 1982 e dal 1988 al 1999, le nazioni partecipanti si sfidavano in gare surreali che richiedevano capacità atletiche, resistenza e senso dell’umorismo. Con scenografie e attrezzature spettacolari, le squadre dei diversi paesi si disputavano la vittoria tra corse affannose a cavalcioni di pupazzi gonfiabili, arrampicate maldestre lungo torri merlate di cartapesta, scivolate acrobatiche su passerelle cosparse di sapone liquido, tuffi inaspettati e cadute rovinose.

Intitolata esattamente allo stesso modo in tutti i paesi in cui veniva trasmessa (Jeux sans frontières, Spiel ohne Grenzen, Juegos sin fronteras,…), nel solo Regno Unito si chiamava It’s a Knockout. Il disagio inglese nell’idea dell’assenza di frontiere altro non era che un segno premonitore della Brexit.

Nel 2006 l’EBU annuncia di voler riproporre Giochi Senza Frontiere ma alla fine non se ne fa nulla, ufficialmente per motivi finanziari, e da quel momento del programma televisivo europeo più celebre che sia mai stato prodotto si sentirà parlare solo in rievocazioni nostalgiche e in un bel documentario della RAI.

Notizie dall’Europa, un confronto troppo scomodo

Se in oltre cinquant’anni di attività i risultati più significativi dell’EBU e dell’Eurovisione nel campo dell’intrattenimento e della cultura sono rappresentati solo da Giochi Senza Frontiere, dall’Eurofestival, dal Concerto di Capodanno e da poco altro, anche l’informazione, l’attualità e l’approfondimento politico non sembrano aver ricevuto particolari cure.

Euronews, consorzio promosso dall’EBU, e di cui la RAI aveva partecipato alla fondazione nel 1992, coi suoi cinque milioni di spettatori quotidiani in media, potrebbe essere considerato l’unico canale paneuropeo ufficiale d’informazione, visto che, pur appartenendo dal 2008 all’omonima società francese il cui azionista di maggioranza è l’egiziano Naguib Sawiris, sembra aver stipulato un accordo da quindici milioni di euro annui con l’Unione Europea per la produzione e la copertura mondiale di notiziari e programmi dedicati all’UE.

Dopo aver inizialmente trasmesso i notiziari Euronews in ore antelucane, la RAI ha successivamente cancellato del tutto la loro programmazione, visibile ora in lingua italiana solo via satellite o web, o grazie a TV Koper- Capodistria e a RSI LA2 della Svizzera italiana.

Lo stesso oscuramento ha subìto BBC World News da parte di Mediaset, che dal 2011 non ha più rinnovato all’autorevole testata giornalistica inglese il contratto di concessione per un canale del digitale terrestre.

I Consigli di Amministrazione di RAI e Mediaset devono aver pensato che l’unico sistema per non far notare troppo la differenza tra il loro modo di intendere l’informazione e quello invece considerato normale nel resto d’Europa fosse semplicemente evitare di far vedere agli italiani come funziona quest’ultimo.

L’Europa Unita viene presentata al pubblico più come un fastidioso adempimento invece di quella straordinaria opportunità che purtroppo ci stiamo, tutti noi europei, lasciando sfuggire. E il poderoso apparato dell’EBU e dell’Eurovisione è un sofisticato macchinario progettato tanto tempo fa e lasciato arrugginire nel suo hangar elvetico, dove viene messo in moto solo ogni tanto, per poche ore, esclusivamente per tentare di giustificarne i costi.

Per capire dunque cosa succederà nei prossimi mesi, nei prossimi anni, e che ne sarà dell’Unione Europea, non servirà una sfera di cristallo. Basterà un televisore.

CATEGORIE:

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ti potrebbe interessare