Terza pagina #8. Piangere Bruxelles

di Andrea Muni

tin-tin

Piangere Bruxelles

La vecchia nera, enorme e
sifilitica che vaneggia
sempre
all’entrata della metro
a de Broukere.
Le puttane di rue d’Aeroschott
che si specchiano nei pisciatoi muti
incastonati nel muro
della stazione.
Moldava, 21 anni
non ha mia visto la Grand Place,
è a Bruxelles da due.
Altri neri che, duecento metri
più in là, si picchiano
alla Gare du nord.
Il mercato di Midi
coi suoi tranci di tonno
neri
lunghi un metro
svenduti a un euro
a mezzogiorno
insieme agli stracci,
agli hijab e
alle armi usate
per la strage di Charlie.

Piangere Bruxelles,
l’Ikea mastodontica, ad Alma
con gli hot dog gommosi,
le bibite in polvere e
l’impiegato con la psoriasi.
Le periferie “bene”, i quartieri
residenziali, i corsi di teatro,
l’adolescente italiana,
figlia di diplomatico,
interpreta un sociopatico.
I figli dei parlamentari
europei, le mogli
dei generali della Nato.
Il ghetto nero di Saint Gilles,
gli spacciatori accucciati
nei garage, le gengive grandi
le chiese metodiste,
i cori cristiani
e i nazi che mangiano kebab.
I locali del centro,
con le ragazze turche
da Madame Moustache
che si tolgono uno sfizio
a sera, prima di tornare
a casa. Gli inglesi al Celtica
che guardano la Champions,
si alcolizzano di birra
a un euro, mentre il pusher
maghrebino, li guarda.
La marocchina, bellissima,
che attacca rissa nella sala fumatori,
con due tipe, al The Game
e poi accusa tutti
di razzismo.

Piangere Bruxelles,
le ragazze madri che
studiano filosofia all’ULB,
le ambientaliste, violoncelliste.
Le osterie di quartiere, gli orti
ecologici, i mercati, le fritte.
I centri sportivi, i bambini
che giocano a hockey, a Watermael,
una bimba mi guarda, da dietro
il cancello della scuola, mi chiede
in francese “sei una signora o
un’immondizia?”. Per lei sono
entrambe, Madame Poubelle. Ride.
Ridiamo.
Gli stagni grandi,
le anatre, la gente
che corre.
La metro viola, quella
esplosa, dove la vecchia matta
canta Besame Mucho
in loop, con la base registrata.
Fabienne, la lavoratrice fiamminga
dell’aeroporto; morta nell’attentato
per due ore di straordinari.

Piangere Bruxelles, il gruppo di ebrei
ortodossi, a Zaventem, la paura di stargli
vicino.
Dormire a Zaventem, sui divani
della hall-partenze, vicino a
due ragazze col hijab. I loro calzini.
I gay con figli, i figli gay
i locali, gay. L’artistoide Lolo, che
vive a Molenbeek, e ti assicura
che se gli prendi la casa
in affitto, ci parla lui con gli arabi.
I salon de thé, dove gli arabi fumano
il narghilé. Nessuna donna.
L’ex minatore meridionale, a
Molenbeek, che non si lamenta.
Marolles, dai ristorantini al ghetto
in un giro d’angolo,
il museo ebraico
della strage.
La marocchina di Rogier
che ha fatto il salto sociale,
manda il figlio alla scuola
in lingua fiamminga e affitta
la mansarda in nero

Piangere Bruxelles, un mese intero
senza sole.
Un allarme terrorismo…
sospetti scampati a un blitz a
Anderlecht, mentre a Liegi
ne hanno uccisi due.
La comunità portoghese,
coi suoi bar,
le sfide a calcetto, con e
senza coltello.
Le pasticcerie arabe,
pistacchi e marzapane,
la sculture di cioccolato
di Marcolini.
Il barbone, Rosario Valcke
ex magazziniere, esploso
a Zaventem mentre faceva
colazione.
L’ingegnere biomedico,
la criminologa marxista,
il dottorando congolese
scampato da bambino
al genocidio del Rwanda,
l’anarchica cilena, sociologa
lavora in pizzeria.
Il matto zoppo, con le piaghe
da decubito, che può
uscire dal manicomio
criminale, perché malato
ma non vuole.
“Uscirò di qui quando
ammetterete che
non è giusto che io ci stia”.
Aveva spaccato un bancomat,
cinque anni prima, era stato
testimone di Geova,
sei figli.
Lo psichiatra della prigione,
negro, che vuole salvarlo
sbattuto al muro dalla polizia
durante un controllo
antiterrorismo… sai perché.
Il ragazzo di diciannove
anni, chiuso in cella
d’isolamento. Terrorista.

Dove sono i ricchi? Dove sono i buoni? Cos’ è
L’Europa?
Dov’ero io? Con chi … ero io? Da che parte ero…
Io?
Dormendo sul bus, dormendo sulla metro,
in una mansarda… una domanda nulla,
graffiava, come un prigioniero,
le pareti dei sogni.
Ieri l’ho letta, per la prima volta. L’ho letta oggi
che sono a casa. È come toccarsi l’occhio
col dito.
Dice “come ha potuto non succedere prima?”.
Dice: “come hanno fatto a non vedersi?”.
Dice: “come fanno, tutti, a credere di essere i buoni?”

Io non so, non so più
vedere
con chi ero.

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