“Il corpo elettrico” di Jennifer Guerra

di Francesca Macor

C’è una contraddizione fondamentale con la quale conviviamo ogni giorno e che emerge molto chiaramente in Il corpo elettrico di Jennifer Guerra, Edizioni Tlon.

Ci hanno sempre insegnato a tenere pudicamente nascosto il nostro corpo femminile: quel petto che il corpo maschile può e deve sfoggiare soprattutto se prestante; quelle gambe che devono essere viste ma non troppo; i peli che sembrano non esistere; il sangue mestruale che per ragioni ignote pare sia diverso da quello che viene normalmente pompato dal muscolo cardiaco. Ma già da queste frasi emerge la contraddizione perché il tuo corpo, che devi tenere nascosto, non ti appartiene: appartiene a chi giudica il tuo seno troppo o troppo poco evidente, la tua gonna troppo lunga o troppo corta, i tuoi peli come mancanza d’igiene e il tuo sangue mestruale come inappropriato. Pensare che un evento biologico che coinvolge metà della popolazione umana sia inappropriato fa abbastanza ridere, ma tant’è. 

Non conosciamo il nostro corpo, perché ce l’hanno fatto tenere nascosto, eppure lo passiamo costantemente al vaglio – monitoraggio abituale del corpo, la tendenza di una donna a pensare costantemente al modo in cui appare – come conseguenza del male gaze – e per questo rimando alla scena iniziale del film Promising young woman, dove lo vediamo ribaltato su corpi maschili -.

La contraddizione prosegue nel giudicare il “non più tuo” corpo nascosto come troppo nascosto, o non nascosto abbastanza; troppo o non abbastanza prestante; non abbastanza maschile o non abbastanza femminile; come deve vestirsi e come deve sembrare; cosa deve fare e quanto deve mangiare; se deve avere una gravidanza oppure no; se è femmina oppure maschio, senza altre opzioni. Pena disapprovazione, censura, condanna, stigmatizzazione, stupro.

Ed è a questo punto che il corpo, spogliato di proprietari, oggettificato, mercificato e sotto costante biasimo del giudizio esterno, si fa soggetto politico, diventa campo di battaglia. Perché per riprendere possesso di ciò che gli altri vogliono farci tenere nascosto, bisogna mostrarglielo con tutto ciò che differisce dai loro canoni e imposizioni – mostrarglielo tuttə – come un unico corpo, ricordandosi che “quello che riguarda un solo corpo di una sola donna nel mondo riguarda tutte le donne”.

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