#NODI. Nodo reticolare

di Giuseppe Nava

Un nodo reticolare è il punto di concentrazione di una sostanza cristallina. Affiancato ad altri nodi, con orientamento e disposizione regolare, forma il poliedro del cristallo. Il minerale è attraversato da linee immaginarie che uniscono ogni nodo all’altro e disegnano strutture e piani geometrici, volumi di spazio riempiti da parallelepipedi regolari: la cella elementare, la più piccola unità di materia minerale che conserva tutte le caratteristiche di quel minerale.
Il nodo è un punto di equilibrio. Nella cristallizzazione gli atomi si dispongono in sequenze ordinate, una purificazione dall’entropia. La moglie di Lot, nipote di Abramo, in fuga dalla distruzione di Sodoma, subì qualcosa di simile quando si voltò, contravvenendo alle istruzioni dell’angelo (“fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle”), e venendo tramutata in una statua di sale. Il processo deve essere partito dall’occhio: primo nucleo da cui l’agglomerato solido si è esteso, per accrescimento progressivo, strutturandosi in nuove molecole minerali. Deve essere successo tutto in un brevissimo arco di tempo, il busto ancora mezzo girato, il collo teso nella torsione. In un secondo le ere geologiche hanno attraversato il corpo, calcificando gli organi. Gli occhi si sono fatti opachi come pietra, la carne sfaldabile. Si voltò forse perché quella era la sua città, le sue origini. “Un gesto profondamente umano”, Vonnegut in Mattatoio n. 5; “è così naturale voler sapere cosa succede alle nostre spalle”, Saramago in Caino. Non ci viene detto nulla di più di quanto sarebbe dovuto accadere: una sola riga al versetto 26, “Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale” (secondo la traduzione interconfessionale: “Ma la moglie di Lot si voltò indietro a guardare e divenne una statua di sale”; se proviamo a tradurlo dall’originale con google translate otteniamo solo “e dopo e dopo”).
L’esegesi spiega in vari modi le ragioni della punizione: il rammarico per la distruzione di Sodoma, la sua città; la mancanza di fiducia nella parola del Signore; il disprezzo di quell’ospitalità che per il popolo ebraico, popolo nomade, è sacra. “I due angeli arrivarono sul far della sera”, Lot li accolse in casa ma non aveva sale da offrire loro come da tradizione. Per questo mandò la moglie a cercarne presso i vicini. La donna, pettegola di quartiere, dai vicini si lamenta ancora del marito, sempre lui con le sue manie de l’ostrega, e tutto quel sale. Il nomade conosce il sole che schiaccia, la notte che cala improvvisa e fredda; ogni rifugio è importante. Nello straniero vede lo straniero che sarà, e gli offre il pane e il sale che gli verrà offerto. Gli angeli sono inviati ad avvisare Lot che la città verrà distrutta, “il grido contro i suoi abitanti è grande davanti al Signore”, e che lui potrà salvarsi fuggendo sui monti circostanti. All’alba, di fronte al suo indugio “lo prendono per mano”, e con la moglie e le figlie lo conducono fuori città prima che la distruzione si compia. Mentre giungono al villaggio di Zoar, inizia il disastro, e la moglie – nessuno saprà mai il suo nome – si volta a guardare.
Nella valle distrutta, ridotta a macerie e carcasse dalla pioggia di fuoco, la statua si confonde con gli altri pilastri di pietra del monte. Stalagmite, crosta di salgemma, halite. La pioggia scioglie un poco il sale, vi scava solchi. “Chi vorrà piangere questa donna?”, Anna Achmatova le dedica una poesia. Il reticolo cristallino del sale è un sistema cubico, i cui assi si incrociano ad angolo retto, al centro della simmetria è il nodo e lo sguardo, fotogramma ripetuto all’infinito della violazione dell’ordine, lo scarto riportato alla norma secolare della pietra. Il processo deve essere cominciato dall’occhio, che ha visto ciò che non doveva. D’altronde già il Serpente aveva detto “aprite gli occhi”. Gli occhi sono labbra sulle labbra di Dio. Schiudere le palpebre sulla distruzione è l’oltraggio di un bacio profondo nella bocca che rivela lo squalo. Il bacio è l’immagine stessa, inimmaginabile, non figurabile, potenza irricevibile del sacro che pietrifica.
Dunque non voltarti, non guardare; ma il suono del disastro che avviene alle tue spalle, come puoi ignorarlo? In quel frastuono lei deve aver sentito qualcosa chiamare, forse il suo nome (in uno schianto, in una vampata). In quell’attimo prima della solidificazione li avrà visti tutti affiancati come in un film, amici, amori, fermi a ricambiare lo sguardo e ricordare altri giorni. Tutto si è coagulato prima che potesse alzare una mano, il mento, fare un qualsiasi cenno per dire sì, vi vedo.

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