di Cristiano Carchidi
Nassim Taleb è un pensatore di origine levitica, cresciuto in Libano e trasferitosi negli Stati Uniti dove, dopo una lunga carriera nel mondo del trading (bancario e non) e con una grande cultura alle spalle, ha deciso di abbandonare il mondo “troppo materiale” degli affari, per dedicarsi – con eccezionali risultati – alla ricerca sia nel settore scientifico che in quello umanistico. È attualmente un riconosciuto autore di saggi tecnici/scientifici/economici nel campo dello studio delle probabilità e, contemporaneamente, uno scrittore di libri che risultano interessanti anche per chi di scienza e tecnica capisce poco (o prova scarso interesse per le questioni scientifiche). Il suo saggio più famoso – Il Cigno nero, uscito nel 2007 – è diventato un vero e proprio best seller, arrivando a vendere milioni di copie. Questo volume è il testo centrale di un unico corpus denominato Incerto, di cui il primo tassello è Giocati dal caso del 2001 e il recentissimo Antifragile (2012) il terzo e ultimo. In questo breve pezzo cercherò, partendo proprio dal Cigno nero, di esporre le parti centrali e più “funzionali” del pensiero di Taleb.
Il concetto di “cigno nero” è una ripresa della filosofia scettica di David Hume, il quale affermava, per smontare l’allora dominante approccio induttivo e grazie al supporto dalla scoperta di alcuni cigni neri in Oceania, che il fatto di aver sempre e solo visto cigni bianchi non dimostra in alcun modo l’impossibilità dell’esistenza dello stesso uccello con piume di un colore diverso. Taleb definisce il cigno nero come un evento raro, di grande impatto e impossibile da prevedere, e in questo testo cerca di descriverne la struttura. Secondo l’autore, molti avvenimenti e grandi scoperte ne subiscono la logica: l’attacco alle torri gemelle del 2001 non sarebbe mai avvenuto se fosse stato previsto e, allo stesso modo, lo Tsunami del 2004 avrebbe fatto poche vittime qualora lo si fosse atteso.
Taleb, da sempre interessato al rischio e alla sua sottovalutazione nel mondo borsistico, scrive questo libro poco prima del crollo economico del 2008, denunciando esplicitamente la fragilità del sistema finanziario statunitense, inevitabilmente esposto al crollo (economico-politico-sociale) perché troppo vulnerabile a possibili cigni neri. Come fa notare l’autore, non bisogna considerare l’avvenuta crisi come una previsione riuscita: il crollo non era prevedibile nella sua eventualità, ciò che era intuibile era la possibilità che esso avvenisse per endemiche falle interne al sistema (troppo esposto a eventi rari, il cui impatto poteva essere tremendo).
In termini di stile e di ritmo, il testo di Taleb è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto a un classico saggio scientifico/economico. L’intenzione dichiarata dell’autore è far giungere il suo messaggio al grande pubblico, cioè a chi è abituato a fare e pensare al di fuori dagli schemi dettati da qualche Verità superiore. Il libro si presenta come un insieme di storie, un susseguirsi di racconti in cui personaggi (fittizi e non) “dimostrano” attraverso episodi della loro vita, motti di spirito e brillanti intuizioni l’idea centrale dell’opera, espressa nel modo più semplice possibile: per sapere bisogna provare, e non soltanto credere di farlo. Il volume è diviso in quattro parti: le prime due sono dedicate all’introduzione del concetto di cigno nero, inteso come evento raro-imprevedibile di grande impatto, e alla spiegazione delle nostre reazioni ad esso (ignorarne la possibilità prima che avvenga, darne giustificazioni razionali a posteriori che non hanno alcun senso). La terza parte, più tecnica, è diretta all’impatto che il cigno nero ha nella finanza e nelle scienze naturali, mentre nell’ultima vengono accennate alcune idee su quello che sarà lo sviluppo successivo del pensiero e le possibili risposte all’avvento dei cigni neri (fragilità-robustezza-anti fragilità).
La brillantezza di Taleb sta nel riuscire a esporre la sua idea, che deriva da intuizioni matematico/scientifiche, scandagliando varie situazioni e convocando personaggi sia di fiction che realmente esistiti, dalla Grecia classica a filosofi contemporanei “seri” (forse troppo) come Karl Popper, a sportivi come Yogi Berra (un importante giocatore e allenatore statunitense di baseball). I personaggi fittizi occupano gran parte dei racconti. I due principali sono Nero Tulip – un alter ego usato da Tulip nei sui esempi – e Tony Ciccione, il capomafia dei Simpson. Sono tutti e due strani individui, al di fuori dai comuni schemi sociali, che dimostrano di aver compreso l’idea dell’autore non attraverso elucubrazioni mentali o assurde teorie, ma più semplicemente per mezzo di tentativi, con l’antico metodo della prova ed errore. Ciò che Taleb cerca di invocare è una “saggezza” che viene dal basso, dal semplice fare e accumulare esperienze attraverso cui capire cosa è “giusto” o “sbagliato” in determinate situazioni, piuttosto che dall’affidare se stessi a dotti assunti che di reale hanno ben poco (un metodo, spiega nel testo, che sia “bottom-up” e non “top-down”).
Mentre nel suo primo libro, Giocati dal caso, l’autore si concentra sulla sottovalutazione dell’incerto nel campo economico, nel Cigno nero egli cerca di dimostrare con ragionamenti non-lineari e contro-intuitivi quanto l’imprevedibilità influisca sulla nostra vita quotidiana e come arrivi perfino a dominarla. Partendo da questi presupposti teorici, Taleb divide la realtà in due campi la cui esposizione al caso è di natura differente, ma viene erroneamente considerata nello stesso modo. Ironicamente, ma senza alcun giudizio di valore, i due mondi sono indicati con i termini di Mediocristan ed Estremistan. Il primo è caratterizzato da un insieme di componenti fisiche ed economiche in cui non è possibile che si verifichino eventi eccessivamente rari e per loro natura imprevedibili: ad esempio, è impossibile, considerando le altezze medie, che un giorno si venga a sapere di un gigante che arriva fino ai 5 metri. Oppure, anche l’uomo più grasso non può spostare il peso medio al di là di alcune cifre più o meno stabilite.
L’Estremistan, al contrario, è un luogo in cui i singoli eventi o elementi spostano la media in maniera drastica e decisiva. Parlando della ricchezza, ad esempio, l’uomo più ricco della Terra possiede sicuramente più della somma raggiungibile unendo la ricchezza della metà della popolazione mondiale. O ancora, uno scrittore di best seller vende nettamente più copie di quelle, messe assieme, della maggior parte degli scrittori. Dopo la rivoluzione industriale il mondo è diventato velocemente più complesso, creando un terreno sempre più fertile per il fiorire di cigni neri. Allo stesso tempo le nostre società, aumentando in complessità sono divenute sempre più fragili ed esposte alla tragicità di eventi rari e imprevedibili.
Nell’ultimo libro della trilogia, Antifragile, Taleb continua la sua indagine nel mondo dell’imprevedibilità approfondendo stavolta le implicazioni etiche, politiche e sociali del suo pensiero sempre a partire dal modello-cigno nero, che secondo lui domina la nostra realtà. Mentre ciò che si espone al caso in maniera ingenua, come un vetro in mille pezzi che non è ancora caduto, è di per sé fragile e soffre l’imprevedibilità, il robusto e il resiliente sono due caratteri i quali si contrappongono al caso rendendolo innocuo: l’anti-fragile, conclude l’autore, è quindi quella caratteristica di alcuni fenomeni grazie alla quale è possibile guadagnare dagli eventi rari che, anzi, vanno ricercati e favoriti. Combinando i concetti di cigno nero e di antifragile (ciò che guadagna dal disordine), Taleb cerca a questo punto di delineare un atteggiamento per il quale a livello sociale, politico ed economico, si dovrebbe cercare di agire in modo tale da evitare ciò che è fragile nel reagire al caso, perché a esso non c’è alcun modo di sfuggire.
Per abbozzare un giudizio critico sulla trilogia, possiamo dire che mentre Giocati dal caso è un libro fresco ma prevalentemente tecnico, Il Cigno nero un’opera importante, fruttuosa, e davvero interessante per il dibattito contemporaneo. Antifragile invece, pur essendo un bel libro, cerca, forse un po’ troppo, di ergersi a trattato e perciò ogni tanto cade in una pesantezza non dovuta al linguaggio quanto alla ripetitività del contenuto. In definitiva, anche se i lettori potranno approvarne o meno l’approccio poco “ortodosso”, ritengo che un pensatore come Taleb accresca di molto il panorama culturale presente e che, forse, uno sguardo più da vicino alla sua opera possa aiutare a sviluppare altre idee e forse anche delle nuove azioni.