Lo “Schiaccianoci” al Rossetti. Un grande classico (e un magnifico sogno) che non stancano mai

di Andrea Muni

La sera del 22 dicembre è andato in scena al Rossetti, interpretato dal Russian Classical Ballet di Mosca, “Lo Schiaccianoci”: la celeberrima favola musicata dalle altrettanto famose note del compositore Piotr Čajkovskij. Il Valzer dei fiori e la Suite della Fata Confetto sono titoli che a un profano (come chi scrive) possono non dire molto, ma che appartengono a tal punto al nostro patrimonio culturale comune che, spesso, nell’ascoltarle interi mondi di ricordi magici e lontani, soprattutto legati all’infanzia, si ridischiudono.

Il Russian Classical Ballet è una compagnia russa, diretta da Evgeniya Bespalova, fondata nel 2005 a Mosca con il preciso intento di preservare e coltivare l’immensa tradizione classica del balletto russo. A questo fine non solo i danzatori, ma anche scenografia e costumi, recano una particolare cura per l’aderenza e la fedeltà alle atmosfere della storia originale. Čajkovskij e il coreografo originale Marius Petipa crearono “Lo schiaccianoci” a fine dell’Ottocento adattandolo a partire da una più dolce rivisitazione (di Dumas padre) di un inquietante racconto del grande ETA Hoffman: Lo schiaccianoci e il re dei topi.

La storia originale, come moltissimi racconti di Hoffmann – tra cui il celeberrimo Mago sabbiolino – gioca sull’inquietante binomio (e sulla confusione tra) automa/persona vera, raggiungendo picchi di inquietudine e violenza che Dumas padre espunge dalla riscrittura della storia, che si trasforma così in uno dei più amati racconti natalizi della seconda metà del XIX e poi del XX secolo. È così che, adattando proprio questa versione addolcita, Ciajkovskij e Petipa ci raccontano in musica e attraverso i corpi ritmici dei ballerini una vigilia di Natale davvero speciale a casa Stalhbaum. Il camino è acceso sotto un enorme albero decorato e luccicante che, in uno dei momenti culminanti del balletto, viene fatto scenograficamente “crescere” con un bell’artificio scenico, come nella storia originale, sotto gli occhi della protagonista Clara. L’anziano ed eccentrico amico di famiglia Drosselmayer, giunto a casa Sthalbaum, dona ai bambini – Clara e il fratello Fritz – tanti giocattoli (tra cui anche alcuni automi di sua invenzione), tra questi c’è un bello schiaccianoci a forma di soldatino. I bambini se lo disputano, finché il soldatino non viene “vinto” alla fine dalla piccola Clara. Il soldatino-schiaccianoci piace talmente tanto alla piccola che ci si addormenta assieme e – nel sogno – lo trasforma in co-protagonista di una serie di avventure che costituiscono il balletto stesso.

I momenti scenicamente più affascinanti sono stati la battaglia tra i soldatini dello schiaccianoci col re dei topi, la danza dei fiocchi di neve e il pas a deux del Valzer dei fiori (inesauribile nel suo fascino, come ogni vero grande classico). Impressionanti anche i momenti corali in cui una buona dozzina di ballerini, il corpo di ballo al completo, occupa il palco in un turbinio perfettamente coordinato di movimenti (come all’inizio durante l’arrivo di Drosselmayer la notte di Natale, o come durante la bella messa in scena della battaglia col re dei topi).

Da questa esperienza ho senz’altro imparato che anche un profano può godere di questa particolare forma d’arte, in cui è fondamentale non andare alla ricerca di alcuna letteralità. Da questa serata mi pare di aver capito che il balletto non “racconta” una storia, ma ne accentua piuttosto alcune tonalità emotive, l’accompagna e la intensifica grazie alla potenza espressiva, passionale e totalmente anti-letterale della musica e dei magnifici corpi ritmici dei ballerini.

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